Tumore al seno (o mammella)
Il seno (o mammella) è un organo situato tra la pelle e la parete toracica, formato da strutture ghiandolari e grasso (tessuto adiposo). Le strutture ghiandolari sono costituite da un insieme di lobuli che uniti tra loro vanno a formare un lobo. In un seno vi sono circa 20 lobi. Dai lobuli il latte raggiunge il capezzolo attraverso i dotti lattiferi (o galattofori).
Il tumore al seno o della mammella è causato dalla crescita incontrollata delle cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne, capaci di staccarsi dal tessuto da cui si sono originate invadendo altri tessuti fino ad arrivare anche ad organi più lontani. Le cellule coinvolte nello sviluppo del tumore al seno sono principalmente le cellule dei dotti lattiferi o quelle che formano i lobuli. Esistono diversi tipi di tumore al seno, che vengono classificati in base alla presenza o assenza sulle cellule tumorali di recettori ormonali o particolari tipi di oncoproteine che poi saranno il target per alcuni farmaci biologici.
Incidenza del tumore al seno
Il tumore al seno (o mammella) è il tumore più frequente in Italia. Come viene riportato dall’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) e l’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM). Rappresenta infatti circa il 30% di tutte le neoplasie femminili e circa il 14,6% di tutte le neoplasie diagnosticate con circa 54.976 nuove diagnosi in un anno. Il tumore alla mammella mostra un lieve aumento dell’incidenza nelle donne più giovani, anche se la mortalità è in diminuzione di circa il 6% nel 2020 vs 2015.
Prevenzione
I programmi nazionali di screening permettono di prevenire e ridurre il rischio di ammalarsi. Di fondamentale importanza sono anche le abitudini salutari: praticare attività fisica, evitare consumo di alcool e alimenti ricchi di grassi e si consiglia l’assunzione di frutta e verdura, in particolare broccoli e cavoli, cipolle, tè verde e pomodori. Lo screening oncologico per la diagnosi
Diagnosi
La mammografia e l’ecografia mammaria sono esami di diagnostica per immagini fondamentali per la diagnosi del tumore al seno. La decisione nel ricorrere a uno dei due esami dipende molto dal tipo di seno e dall’età: in seni molto giovani e densi è consigliata l’ecografia mammaria oppure, in casi selezionati, la risonanza magnetica. La presenza di noduli sospetti o il cambiamento del seno in genere conducono il medico ad intervenire con una biopsia, che consiste in un incisione attraverso l’utilizzo di un ago. Di fondamentale importanza è il prelievo del campione perché da questo si possono eseguire esami citologici (sulle cellule) e esami istologici (sul tessuto). L’esame istologico è importante perché rileva le caratteristiche del tumore, si può determinare la presenza di alcune oncoproteine, come ad esempio HER2, che possono essere decisionali per il tipo di trattamento da intraprendere. Tecniche di radiografia del torace, scintigrafia ossea o tomografia a emissione di positroni (PET), ecografia, tomografia computerizzata (TC) vengono utilizzate per identificare la diffusione della patologia ad altri organi. Indicatori della presenza di un tumore al seno, sia localizzato che avanzato, possono essere i marcatori (o markers) tumorali come il CEA e il CA15.3.
Cura del tumore al seno o della mammella
Per il trattamento del tumore al seno vengono utilizzate la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, l’immunoterapia e l’ormonoterapia. La decisione che il medico deve prendere su quale trattamento terapeutico iniziare dipende dallo stadio e dal tipo di tumore e sicuramente anche dalle condizioni generali della paziente. Nella maggior parte dei casi di diagnosi in stadio iniziale si ricorre all’intervento chirurgico. Esso può riguardare sia solo una parte del tessuto mammario che circonda la neoplasia, in questo caso si parla di quadrantectomia, oppure si può asportare chirurgicamente più di un quadrante, si parla in questo caso di mastectomia parziale o totale a seconda della quantità di tessuto prelevato nell’intervento. Con la tecnica di mastectomia si può rimuovere il tessuto ghiandolare del seno lasciando il capezzolo intatto seguita da radioterapia. Con la chirurgia si possono asportare anche i linfonodi ascellari per identificare la diffusione della malattia. Nel caso in cui la neoplasia si è estesa ai linfonodi si decide di intervenire chirurgicamente con la rimozione dei linfonodi, in questo caso si parla di linfadenectomia (o svuotamento ascellare) che può essere parziale o totale. Il trattamento radiante dopo l’intervento chirurgico (radioterapia adiuvante) mira a proteggere la ghiandola mammaria residua dallo sviluppo di nuove neoplasie al seno, ma anche per evitare eventuali recidive locali o cutanee. La chemioterapia è personalizzata per ogni paziente a seconda delle caratteristiche molecolari della neoplasia. Ad esempio grazie all’utilizzo di un test genomico (come ad esempio Oncotype DX) viene analizzato il profilo molecolare del tumore al seno (ER+ e HER-) differenziando le donne che possono evitare la chemioterapia da quelle che possono beneficiare della chemioterapia adiuvante associata a terapia ormonale. Se le dimensioni della neoplasia sono particolarmente importanti e l’indice di proliferazione alto, si può decidere di somministrare la chemioterapia prima dell’intervento chirurgico (chemioterapia neoadiuvante) per ridurne le dimensioni del tumore e garantire successivamente un intervento chirurgico migliore e più radicale. Nel trattamento del tumore alla mammella rivestono un ruolo fondamentale anche gli ormoni, ad esempio se la neoplasia è caratterizzata dalla presenza di recettori per gli estrogeni e per il progesterone si può intervenire con una terapia mirata su tali recettori per inibirne l’azione in modo tale da bloccare la proliferazione delle cellule tumorali. Appartengono a questa classe di farmaci il tamoxifene, gli inibitori delle aromatasi, l’inibitore LH-RH analogo. Un’altra classe di farmaci mirati utilizzata nel trattamento del tumore al seno sono gli anticorpi monoclonali come il trastuzumab, pertuzumab e deruxtecan che vengono utilizzati nel sottotipo di neoplasie HER2+ con la funzione di spegnere l’attività dell'oncoproteina HER2. Altri farmaci utilizzati sono gli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK4/6) come il palbociclib, ribociclib o abemaciclib; gli inibitori di PARP (che si utilizzano spesso nei pazienti con mutazioni dei geni BRCA1 - BRCA2) che agiscono contro la proteina PARP tra questi olaparib e talazoparib. Infine, nel caso dei tumori tripli negativi con positività alla proteina PDL1 è spesso consigliata l’immunoterapia, come ad esempio il pembrolizumab, associata alla chemioterapia, come ad esempio il carboplatino ed il taxolo.